Finisce maggio, arriva l’estate, si va al Gran Sasso e in Brenta e altrove per montagne distribuendo a piene mani altri punti per il Bischerone e aspettando che ritorni il tempo per Gaeta. A settembre fa ancora caldo, ma con Giorgio decidiamo che non si può aspettare ancora. Io e Giorgio ci conosciamo esattamente da dieci anni, da quando nell’autunno del 1967 facemmo insieme il corso di roccia. Ne abbiamo combinate un bel po’ insieme, in questi dieci anni, tra il Morra e il Karakorum. Mi piace l’idea di andare a chiudere la partita con lui.
La giornata decisiva: Gianni Battimelli sul quinto tiro. Il look è ulteriormente aggiornato (faceva un caldo schifoso).
14 settembre 1977. Quinto (e, si spera, ultimo) tentativo.
Non avevo calcolato che la seconda parte della calata è tutta nel vuoto, che l’otto su corda singola scorre che è un piacere, e che fa un caldo schifo per cui discensore e moschettoni si surriscaldano a temperature da fusione del batman… insomma non mi sono mai cacato tanto come in quella calata, e raramente ho tirato un sospiro di sollievo come quando alla fine sono atterrato nella grotta, tirato in dentro da Giorgio un attimo prima di mollare tutto.
Con la scusa che devo rimettermi dal cagazzo non ci penso molto a cedere con gran piacere a Giorgio l’onore e l’onere di aprire le danze. D’altra parte non c’è storia, lui va decisamente meglio di me, e da poco ha tracciato qui a Gaeta, insieme a Leonardo Calconi, la via dei Desideri, un’altra bella e difficile linea. Quindi, prego, si accomodi. Giorgio non si fa pregare e tanto per dare un tocco di pepe alla faccenda si limita per i primi quindici metri a proteggersi solo con quelli che sono ufficialmente definiti “cordini in clessidre”, e che assomigliano piuttosto a dei lacci da scarpe infilati dentro ponticelli di roccia sufficientemente spessi da reggere il peso di un moschettone (le ultime vestigia di questi cordini da 5 millimetri, ormai sbiancati dal sole e erosi dalla salsedine, le abbiamo eliminate quando due anni fa abbiamo richiodato la via, temendo che qualcuno potesse avere l’insana idea di testarne la tenuta).
Segue un breve diedrino verticale dall’aria più ostica che richiede un paio di passi sulle staffe (sento già il coro: pippe, pippe! Sì, lo so che adesso si fa in libera senza troppi problemi; e allora perché non ci siete andati voi a farlo, se era così facile? Uffa). Qualche altro metro su bella roccia rossa, sosta. Raggiungo il boss, che già si prepara psicologicamente per affrontare il prossimo tiro, e vengo colto a mia insaputa da un soprassalto di orgoglio arrampicatorio: “vado io”. Acchiappo il materiale e parto.
Segue ulteriore orribile cagazzo che dura per trenta metri, tutta la lunghezza del tiro, da cui esco fuori sudando, tremando e vaneggiando frasi scomposte, in cui in vario ordine e differenti stili vengono invocati e vilipesi la mamma, Giorgio, la madonna e il Bischerone. Vabbè, ora sto esagerando un po’ per esigenze di copione, ma ricordo bene che l’ultimo chiodo all’uscita del muretto verticale (un bel Cassin ad U di quelli lunghi da venti centimetri, volevo finalmente qualcosa di solido) lo ho martellato col cuore in gola sperando di arrivare ad attaccarmici prima che il tremito delle gambe mi spedisse dritto al piano di sotto. Cengia finale, ormai è fatta, da qui si potrebbe facilmente finire sullo spigolo, ma oggi siamo in preda a delirio di onnipotenza e optiamo per la soluzione più illogica: Hellza avrà una sua uscita autonoma, e così invece di traversare cinque metri a sinistra traversiamo venticinque metri a destra…
E per citare il grande Livanos, "ancora un tratto e siamo fuori dall'orrida parete". In effetti, fuori c'era Giorgio. Io stavo ancora lì sotto. Però ne sono uscito anch'io.
ultima acrobazia di Giorgio in un bel diedro giallo per traversare a corda sulla paretina grigia terminale, e “semo fora”!
Peccato, non ce n’è più. Proprio adesso che cominciavamo a divertirci. Il sole intanto, quasi al tramonto, bacia in fronte gli eroi, una lacrima viene ricacciata indietro, cori di arcangeli si alzano lievemente dalle nubi rossastre… Meglio andare a farsi una birra.
Termino (provvisoriamente) l’epico racconto con una conclusione opportunamente adattata da un testo in cui si narrava di un evento ben più fondamentale. Stiamo tornando verso casa:
"Cullato nella mia automobile, penso a questa avventura che volge al termine, alla vittoria insperata. Si parla sempre dell’ideale come di una meta verso cui si tende senza mai raggiungerla. Per ognuno di noi Hellzapoppin’ è un ideale raggiunto: in gioventù non eravamo traviati da racconti fantasiosi o dai sanguinosi combattimenti che le guerre moderne offrono in pasto all’immaginazione infantile. Gaeta è stata per noi una palestra naturale dove, giocando ai confini del mare e della terra, abbiamo trovato la libertà che oscuramente cercavamo e di cui avevamo bisogno come del pane. Gaeta ci ha elargito le sue bellezze che ammiriamo come ingenui fanciulli e che rispettiamo come un monaco l’idea divina.
L’Hellzapoppin’ verso cui saremmo andati tutti in assoluta povertà, è un tesoro sul quale vivremo. Con il compimento di questo sogno una pagina viene voltata… Ricomincia una vita nuova.
Non vi è un’unica Hellzapoppin’ nella vita degli uomini…"
A beneficio dei posteri, riporto qui la relazione originaria della via.
“Si attacca allo stesso terrazzino di partenza della via dello spigolo.
1) Girare uno spigoletto e attraversare a destra in artificiale (3 ch. e 1 dado, A1-A2) fino ad un balconcino (1 ch.) Continuare a traversare verso d. salendo leggermente fino ad una cengetta (5 ch., 2 dadi e 1 clessidra, A1-A2 e 5°). Dalla nicchia all’estremità d. della cengetta salire un diedrino verticale (1 dado, 4°+) fino ad un comodo terrazzo. 35 m, S1, clessidra e 2 ch.
2) Prendere il diedrino verticale subito sopra la sosta (N.B.: non salire per il grande ed evidente diedro a d. che conduce dopo 40 m su rocce marce; tentativo di G. Battimelli e G. Martellotti). Alzarsi nel diedrino (1 ch., A1, poi 3 dadi e un cordino, 5°), dove termina uscirne a sin. (1 ch.) e salire obliquando verso sinistra una parete verticale (5 ch. e una clessidra, A1-A2). Dall’ultimo chiodo salire dritti e poi, obliquando verso sin., raggiungere gli ultimi metri del secondo tiro della via dello spigolo fino alla sosta nella grande nicchia (4°+, poi 4° e 3°). 40 m, S2, chiodo.
3) Scendere 2 m, e traversare a d. usando una fessurina per le mani (1 ch. e 1 dado, 5°+) quindi salire dritti a una grotta. 15 m, S3 comoda, clessidrone.
4) Alzarsi in parete verticale subito a sin. della grotta (2 ch. e 4 cordini in piccole clessidre, 5°), superare un breve tratto in artificiale (2 ch. e 1 dado, A1-A2) e risalire con bella arrampicata il diedro sovrastante (1 cordino in clessidra e 1 ch., 4° e 5°). 35 m, S4 scomoda, 2 ch. e 1 dado.
5) Salire una rampetta verso d. (1 dado, 4°), quindi innalzarsi prima in verticale poi obliquando verso sin. su roccia bianca (3 ch., 1 dado e 1 cordino in clessidra, A2 o 6°). Leggermente a sin. su roccia grigia superando un diedrino (1 ch., 5° e 4°) e ancora a sin. ad un ottimo terrazzino. 30 m, S5, 2 ch. e dadi.
6) Da qui è possibile:
a) trav. in leggera discesa verso sin. a prendere l’ultimo tiro dello spigolo.
b) trav. lungamente a d. (2 ch., 1 dado e 1 clessidra, 3° e 4°) fino al diedro sommitale. Risalirne la faccia destra solcata da una fessura (2 dadi, 4°+, poi 2 ch. e 2 dadi, A1-A2) e dove strapiomba attraversare a corda 2 m e risalire una paretina grigia verticale fino a uscire sul pianoro sommitale (1 dado, 5°). 35 m, clessidra per assicurazione sulle rocce terminali.
Hellzapoppin' è la via numero 11
La via è stata aperta in più riprese, e hanno partecipato variamente alla sua realizzazione F. Antonioli, G. Battimelli, Pi. Bellotti, C. Delisi e G. Mallucci.
Sviluppo 190 metri.
Valutazione complessiva: TD sup.
Bellissima arrampicata mista, molto esposta e sostenuta. Roccia buona. Sono stati lasciati tutti i chiodi e i cordini nelle clessidre più piccole; la valutazione delle difficoltà dei passaggi si riferisce al presente stato di attrezzatura della via. Indispensabile un vasto assortimento di dadi di ogni misura”.
Gianni Battimelli
(continua)
Si potrebbe aggiungere le due pagine dei Nuovi Mattini dedicate ad Helza... se vuoi te le scansisco!
Scritto da: Marco Lanzavecchia | 05/03/2011 a 11:30 m.
molto volentieri, grazie!
Scritto da: climbing_pills | 05/03/2011 a 11:50 m.