2-3-4 Agosto 1981.
I cecoslovacchi Igor Koller e Jindrich Sustr aprono sulla Sud della Marmolada, la "parete d'argento", la "weg durch den fisch" (via attraverso il pesce), una delle scalate più memorabili e mitiche di tutta la storia dell'alpinismo.
La storia della prima ripetizione è quasi ancor più leggendaria di quella della prima ascensione, e ancora oggi è una via molto rinomata e di assoluto prestigio; nell'era del grado 9, coloro che sono stati in grado di percorrerla in libera e a vista rimangono una sparuta elite.
La via, che prende di petto le compattissime placche di calcare della Marmolada d'Ombretta, prende il nome dalla forma di una caratteristica nicchia a due terzi della parte inferiore di parete.
«…c’è un passaggio in libera eccezionalmente difficile (VII+) con un chiodo molto cattivo come unica sicurezza lontano sette metri, tanto che viene da pensare che Jindrich Sustr, di appena diciassette anni, non fosse del tutto a posto quando è passato per primo.»
(Heinz Mariacher su Alp)
«[Al rifugio Falier] c'erano soltanto due altri ospiti stranieri, che ci coinvolsero per tutto il pomeriggio nel gioco delle carte. Non ci capivamo in italiano, né con l'inglese e tanto meno con il francese. Ma ci capivamo ugualmente. Verso sera, dopo 4 ore di scopone (glielo avevo insegnato e i due stranieri perdevano regolarmente perché badavano esclusivamente al settebello e ci regalavano un'enormità di scope), ci alzammo dal tavolo. Uno dei due stranieri mi chiese se ero già stato in Marmolada ed io gli risposi di sì, che avevo fatto una guida escursionistica ed ero nuovamente in giro per gli aggiornamenti. Non nascondo che un po' me ne vantavo. Feci la stessa domanda al tizio. E lui mi rispose che vi aveva aperto due vie. Gli chiesi di mostrarmele sulla grande foto con i tracciati al centro della sala. Me ne indicò una, breve, sulla sinistra, che registrai con sufficienza. M'indicò poi... il Pesce! Ma tu sei Igor Koller, esclamai. E mi scusai per tutti gli insulti che gli avevo indirizzato quando stava in coppia con me, alle carte, poche ore prima. Ma lui se la rideva, mi disse di non preoccuparmi e mi offrì delle frittelle che aveva cucinato il mattino dietro al rifugio perché era il compleanno della figlia rimasta in Cecoslovacchia.»
(Luca Visentini su Fuorivia)
Ed eccoli qua, Sustr e Koller:
Jindirch (Jindro) Sustr, 17 anni all'epoca, con il suo imbrago di fettuccia cucita ed il suo buffo casco. E' stato una meteora: ha fatto il botto aprendo il "Pesce" (pare che i tiri più duri e pericolosi li abbia portati a casa lui) e poi non se n'è saputo più nulla. Ha aperto qualche altra via molto difficile (anche più del "Pesce") dalle sue parti, sui monti Tatra, e poi... boh? La leggenda narra che si sia ritirato dall'alpinismo per darsi alla meditazione; in realtà non ha smesso di scalare, a volte lui e Koller si sono sentiti o visti; negli ultimi anni allenava anche una squadra giovanile. La sua fatica a mantenere rapporti stabili e la sua riservatezza hanno probabilmente alimentato l'alone di mistero che si è creato attorno a lui.
Chi ha sentito direttamente Koller raccontare del compagno si è fatto l'idea che Sustr si avvicinasse all'immagine moderna di un punk, nel senso che non aveva voglia di inserirsi nel sistema, di condurre una vita "regolare". Questo, in un regime comunista, non potè non causargli qualche problema.
Igor Koller era all'epoca un alpinista già affermato, nel suo Paese. Nel 1981 in Cecoslovacchia erano ancora ai tempi del comunismo: a livello centrale organizzarono la solita Campagna in Italia, destinazione Marmolada.
Qualcuno disse a Koller: se vuoi fare qualcosa di duro, guarda che c'è questo ragazzino che è giovane ma molto bravo. Koller aveva già in mente la linea; avrebbe voluto fare qualcosa con Sustr prima ma mancò il tempo, o le occasioni, così alla fine partirono e aprirono il "Pesce" praticamente alla prima scalata assieme.
Koller avrebbe voluto tornare con Sustr a liberare la via l'anno dopo: lo cercò ma non riuscì a mettersi in contatto con lui, dopo di che poi si dedicò ad altri progetti.
Lo cercò anche nel 2001, per i 20 anni della via, ma anche questa volta Sustr non si fece trovare.
Jindro Sustr (ALP GM Marmolada)
Igor Koller (il primo sulla sx), alla sua prima visita in Marmolada, si intrattiene con la fauna locale (ALP GM Marmolada)
Igor Koller su Fram, altra sua difficile creazione successiva al Pesce
La Sud della Marmolada è una parete inconfondibile: uno scudo di calcare alto un kilometro e largo molto di più, posto al centro di una delle aree dolomitiche più famose e frequentate.
clicca sulla foto per ingrandirla (immagine da http://www.ramellasergio.it/, fonte originale "Marmolada Parete Sud" - edizioni Versante Sud)
La prima salita della parete risale ai primi anni del '900; durante i decenni successivi si aggiungono nuove vie sempre più ardite, alcune delle quali molto famose, che seguono le linee di debolezza più naturali della parete. Solo alla fine degli anni '60 qualcuno comincia ad affrontare direttamente una porzione di placche compatte: è Reinhold Messner, nel 1969, che apre una la sua via Diretta in solitaria dopo aver percorso la Vinatzer.
Nella seconda metà degli anni '70 si scatenano gli austriaci terribili: Heinz Mariacher (e Luisa Iovane), Luggi Rieser e Reinhard Schiestl aprono Schwalbenschwantz, Htaschi Bratschi, Don Quixote, Abrakadabra, affrontando spesso zone compatte e poco proteggibili confidando nella suola liscia ed aderente delle proprie scarpette morbide oltre che nella propria forza, intuizione e determinazione.
La loro etica è improntata alla ricerca dell'arrampicata libera ad ogni costo ed alla rinuncia al chiodo a pressione e allo spit. Mariacher addocchia la muraglia che precipita dalla cima d'Ombretta, compiendo un tentativo, ma si ritira perché le difficoltà sono troppo elevate e la roccia tropppo compatta per permettergli una salita senza ricorrere a mezzi artificiali.
Koller e Sustr si fanno un po' meno problemi e riescono a salire con 25 chiodi intermedi, 15 chiodi di progressione artificiale, 35 chiodi di sosta, e con l’uso di nuts, eccentrici, ganci e ancorette; nonostante svariati passaggi siano stati superati in artificiale (alcuni dei quali su ganci molto precari) vi sono lunghi tratti di arrampicata libera assolutamente obbligatori, visto che la compattezza della roccia rende impossibile chiodare o piazzare protezioni adeguate.
in blu la linea della via "attraverso il pesce"
Questa è la relazione disegnata da Koller per un alpinista presente al rifugio Falier, il giorno dopo l'ascensione; è stato annotato il materiale usato. Non è proprio l'originale perché ho dovuto correggere qualche pasticcio sulle scansioni.
Questa invece è una relazione più recente, fino alla cengia (il "Pesce" è la linea sulla sinistra):
I tiri più duri si concentrano attorno al "pesce"; in particolare i due tiri prima (fra cui un caratteristico diedro obliquo molto aperto, costellato di buchi e molto fotogenico) ed i due tiri dopo (diversi passi molto aleatori, placche lisce a buchetti).
Grande merito della via è dimostrare che è possibile salire sulle temibili placconate a buchi senza utilizzare spit o chiodi a pressione.
Peraltro Koller racconta che non hanno piantato spit perchè sono riusciti a farne a meno, e passando senza forare (a mano!) sicuramente si faceva meno fatica. Fossero serviti, li avevano, e li avrebbero messi. La scelta di non forare è dovuta quindi - più che ad una convinzione etica - ad un livello tecnico e psicologico molto elevato, il che è testimoniato anche dalla convinzione di Koller di poter ripetere la via in libera (tentativo mai effettuato perché Sustr l'anno dopo era irraggiungibile).
«Ormai tutti lo chiamano “Pesce” per quella caratteristica nicchia, in centro alla placca, dalla forma rassomigliante a una balena: passaggio obbligato e anche unico cenno di cedimento in un impressionante piatto oceano grigio. [...] Questo tracciato sarebbe probabilmente percorribile in esclusiva arrampicata libera, su difficoltà naturalmente superiori all’8° grado, ma la scarsissima presenza di chiodi in parete impedisce per il momento ogni tentativo in questo senso, almeno da parte di un capocordata».
(Maurizio Giordani)
E chi poteva aspirare ad una salita in arrampicata libera di questa via già divenuta mitica, se non il grande Heinz (Mariacher), inferocito perché qualcuno gli aveva soffiato l'ascensione portandola a termine usando mezzi "illeciti"? Una via del genere, però, richiedeva una squadra d'eccezione: è così che a Mariacher e alla Iovane si aggiungono altri due pezzi da novanta: Maurizio Zanolla detto Manolo e Roberto Bassi, due dei più forti arrampicatori del momento.
Il tentativo va però a vuoto; come racconta Manolo:
«Io non pensavo molto a quella via: il più interessato era Heinz. Il tentativo era cominciato male, ci eravamo alzati tardi: forse Arco ci aveva abituati troppo bene. Heinz ha condotto la prima parte e poi, ad un certo punto, sono passato in testa io. Il sole se ne stava andando... Improvvisamente ho realizzato di essere molto lontano dall'ultima protezione e allora, al buio, ho cercato di chiodare. Ma il martello era senza cordino di sicurezza: l'ho lasciato ed è finito giù. Che fare? Avevo un cliff: un aggeggio che prima di quel giorno non avevo mai usato. E' cosa nota: mi sono calato su quell'arnese. Sono arrivato in sosta ed è cominciata la ritirata, alla misera luce di una candela».
Nel 1984 la compagnia è ancora sul piede di guerra: al posto di Bassi c'è "Orso" Bruno Pederiva. L'impresa stavolta ha successo, e reca come testimonianza più significativa la foto del bivacco nella nicchia del Pesce.
Iovane, Manolo e Pederiva nella nicchia del Pesce (ALP Ritratti #IV)
Bisogna però aspettare il 1987 per la prima libera: Mariacher e Pederiva valutano la salita 7b (portato poi unanimemente a 7b+).
Mariacher durante la prima libera del Pesce (ALP GM Marmolada)
Anche la seconda ripetizione porta nomi appartenenti al gotha di tutti i tempi: Wolfgang Gullich e Kurt Albert. Prima invernale e prima solitaria portano la firma di uno dei mattatori della Marmolada, quel Maurizio Giordani che firmerà grandissime imprese a ripetizione su questa parete. La prima salita a vista riesce invece nel 1990 al semi-sconosciuto Daniele De Candido, finanziere di Auronzo di Cadore.
E poi? Poi, il 29 Aprile del 2007, succede una di quelle cose che vengono riconosciute da subito come imprese di assoluto rilievo storico: un austriaco semi-sconosciuto (in Italia), Hansjörg Auer, ripete la via in free solo, in 4 ore, dopo una ricognizione con la corda dall'alto effettuata il giorno prima. E' un'impresa di grandissimo valore: nessuno aveva mai pensato si potesse affrontare senza corda una via così tecnica e delicata, con passaggi dalle difficoltà non eccezionali (se pensiamo al livello dei top-climber odierni) ma dall'aleatorietà che rende inderogabile un controlo mentale assoluto (svariati passaggi in aderenza su calcare liscio e compatto). Auer è stato notato (e fotografato) da una cordata tedesca che stava arrampicando sulla Don Quixote; se non fosse stato per questa coincidenza forse questa salita non sarebbe nemmeno balzata agli onori della cronaca, o sarebbe stata messa pesantemente in discussione.
«Per me la cosa affascinate del free solo sta nel vivere la totale libertà e leggerezza del gesto. In qualche modo all'attacco ti immergi in un'altro mondo che appartiene soltanto a te e nel quale giochi un gioco con i tuoi movimenti. Ovviamente realizzi solo molto dopo quello che hai fatto. Sei concentrato al 110% e i movimenti sono assolutamente armonici. Sembra che tutto sia già programmato, come in un film. Non c'è paura e la testa quasi esplode per la fiducia che hai in te stesso...
In realtà non so bene che cos’è - forse è una capacità particolare? In ogni caso ho il dono di poter girare qualche interruttore nella testa che mi dà un'enorme sicurezza. Quando sono davanti all'attacco lascio che i miei pensieri volino in alto, così non è la paura che mi prende ma la gioia di sentire la piena concentrazione e di realizzare un mio sogno. Si aspetta questo momento per molto tempo.»
(Hansjörg Auer)
Auer slegato sul Pesce (Planetmountain)
Ecco invece un piccolo resoconto di Marco Anghileri, pubblicato sul forum di Planetmountain, a proposito del "suo" Pesce.
...vi avevo fatto un volo, un brutto volo di oltre 20 mt tanti anni fa, era il 27 agosto del '94, su di uno "stupido" tiro di 5°+ ancora sotto la nicchia del Pesce: per aver sbagliato linea, ma soprattutto, per aver commesso io un grosso errore di gioventù...
Pochi giorni prima avevo fatto la Moby Dick, la Don Chiscotte da solo, la Bellenzier alla Torre d'Alleghe, il diedro Cozzolino al Mangart, etc etc mi sentivo giovane, mi sentivo libero, mi sentivo forte, avevo dita forti, mi sentivo più che pronto, cullavo anche sogni di provare la libera, me la sentivo dentro...
Eravamo partiti all'improvviso da Lecco senza meta certa ma lungo il viaggio si era deciso per il Pesce, non avevamo preso la guida con la relazione ma non lo vedevamo un problema...
La mattina salimmo presto ed al buio forse sbagliammo l'attacco, fino alla prima cengia seguimmo la via dell'Irreale, senza relazione si andava ad occhio, ma una volta raggiunto l'arco sopra la cengia ok, non vi eran più dubbi, eravamo sul Pesce.
Quindi nessun problema...
Insomma...ci sentivamo ed eravamo giovani!
Forse in quell'irrazionalità giovanile ci sta il motivo di quel volo, di quel brutto volo (vedi sopra), di quella brutta battuta, di quei giorni in ospedale, di quella sensazione, mai conosciuta fino ad allora, che può accadere, che ci si può anche far male e non capita solo agli altri... può capitare anche a te!!!
Quella fu la prima esperienza nella mia vita che mi abbassò un pò le ali... fu un brutto colpo... ma fu un grande insegnamento... e meno male che posso raccontarlo!!!
Da quel momento son passati molti anni, son successe molte, moltissime cose, ho fatto ancora molte, moltissime cose... ma il Pesce, era ancora lì... il vago ricordo di quel tettino che stavo superando e da cui ero caduto non mi ha mai abbandonato in tutti questi anni... anni trascorsi pensando e ripensando a quel tettino... anni trascorsi andando a riprendere in mano ogni tanto la guida per vedere la relazione e cercare di capire dov'ero caduto... anni trascorsi con l'impossibilità di credere d'esser caduto su di un tiro di 5° grado!!!
Anni trascorsi facendo tante altre cose ma anche se belle, sempre col tarlo interno di dirsi... "Sì, hai fatto questa o quella bella cosa, hai goduto di questa o quella avventura, bravo, bene... ma sei sempre quello che è caduto da quel tettino..."
Ebbene sì, quel tettino, ricordi sbiaditi di un tettino da superare puntando verso sx ad un lontano cordino blu...mentre le relazioni indicano di andare a dx...
Anni trascorsi a domandarsi "e allora perchè volevo andare a sx? Ma perchè hai puntato per di là?"
Anni trascorsi fra pensieri, domande, timori e paure di quel tettino.
Quel tettino per anni ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà comunque nel futuro un punto fermo nella mia esistenza!
Pensieri sul perchè dell'errore, paure di poter magari rivivere una situazione simile e le sue brutte conseguenze... spesso voglie di riscatto e slanci di ribellione con l'idea "quest'anno ci torno, domani ci vado e me ne libero di quel tettino"
...ma molto spesso frenato dai timori reverenziali che quel tettino aveva generato anche quando la forma fisica poteva essere ottimale...
...e d'incanto...
Improvvisamente, a 16 anni di distanza, con molta meno forma di allora, molto meno slancio, molta meno libertà, molta meno gioventù, molti più problemi fisici e non, molta meno determinazione, molta meno irrazionalità giovanile (forse è un bene), molte più dolorose battute di allora...
ma....forse... molta più coscienza... o chissà che...
Ebbene... i fantasmi del passato son stati debellati... e quel tettino resterà solo un brutto, ma significativo per la mia vita tutta, ricordo!
(Marco Anghileri)
La classica foto all'inizio del famosissimo diedro svasato: quanti anni l'ho pensato e sognato... che immensa gioia aver vinto paure e timori ed esser lì!
Ed ecco qualche altra parola ed immagine di altri ripetitori.
Cristi su Fuorivia:
Sinceramente per quest'anno pensavo veramente di aver chiuso il capitolo montagna e comunque ero soddisfatto perchè nemmeno pensavo di riuscire a fare anche quello che avevo fatto; poi il caldo e le sensazioni di stanchezza generale che avevo provato in Civetta - quando proprio non mi sentivo al top - mi avevano convinto che la stagione alpinistica 2009 era conclusa.
Ecco però che la mia dolce metà mi comunica di voler andare da sua madre per qualche giorno con le due piccole jene, regalo insperato, un giorno in Dolomite era d'obbligo, ma veramente pensavo a qualcosa di tranquillo, poi quel diavolo tentatore di Enrico mi chiama e me la butta lì... vacca can ci avrò pensato sì e no 2 secondi. Poi per due giorni son stato preso dai dubbi del tipo... hai famiglia... non sei allenato... ma ce la faccio ecc...
Arriva il giorno della partenza e magicamente, mano a mano che mi avvicinavo alla Marmolada, i dubbi sparivano e provavo solo piacere e gioia di essere di nuovo in montagna con un progetto ambizioso da tentare. Poi eravamo in quattro (Beppe e Richi facevano la Soldà), si bivaccava fuori e quindi l'atmosfera era quella giusta rilassante. Stiamo preparando i giacigli dentro la grotta sopra al Falier quando capita dentro uno stralunato Koller, appena sceso da un suo progetto... erano le 23.00 ... a 60 anni, tanto di cappello!
Suona la sveglia, colazione e via. Le sensazioni lungo il sentiero sono buone, c'è voglia di scalare, anzi lì per lì ho solo voglia di superare Enrico e le sue fetide esalazioni... arriviamo alla cengia d'attacco e lì il casco di Enrico pensa bene di rotolare 200 metri sotto, probabilmente lui a pesca non ci voleva venire. Va bè, la via è talmente solida che ha deciso di venir su uguale. Respiro 1, 2, 3 si parte.
I primi tiri scorrono via bene, li conosciamo, e la roccia, a differenza dell'altra volta, è completamente asciutta... che figata! Dobbiamo solo velocizzare il recupero del sacco. Questa operazione ci rende un po' più lenti della cordata di trentini che avevamo dietro e quindi li lasciamo passare. Il sacco conteneva - oltre alle solite robe - anche le scarpette strette per i tiri duri (ehehe).
Arriviamo al primo tiro di 7a... pit stop, cambio gomme, Enrico parte, traversa convinto e arriva in sosta pulito, anch'io da due riesco a farlo in libera... contenti... ora ci aspetta un bellissimo 6b dove un buchetto per un tricam ti risolve un po' la situazione e finalmente si vede il diedro svaso. Enrico parte in quarta ma non se la sente di provare la libera e quindi con due cliffate risolve il passaggio. Da due è tutto più semplice e mi viene liscio, ma come non pensare ad Auer slegato su sta roba di piedi!
Riparto dalla sosta scomoda, mi ricordavo che l'altra volta c'èra un boulderino di 6c per arrivare in nicchia che comunque non mi aveva creato problemi, sarà che son partito poco concentrato o che, ma una volta arrivato al passo l'ho impostato veramente male, quando mi sono accorto del fattaccio ho provato un lancio disperato alla presa mancandola per un soffio e così partendo nel vuoto per un viaggio di 5/6 metri, per fortuna sotto avevo un gran bel friend rosso!
Ma il duro viene sopra. Il tiro dopo la nicchia è bellissimo, sempre costante, c'è poca roba ma per fortuna molto buona, Enrico è veramente bravo e anche qui stiamo sul 7a. Poi arriva il tiro chiave dove si comincia su buchi buoni in continuo crescere di difficoltà, con bulderini su buchetti fino al passo chiave per arrivare in sosta di un liscio schifoso. Qui - constatato il fatto che non ne avevo più per porvarlo in libera - con numeri da circo son riuscito a passare con i cliff, per poi lanciarmi sulla daisy dell'altro tipo che era in sosta e che mi guardava divertito!
Ma non è finita, perchè dopo c'è un tiro dove bisogna traversare su appoggi svasi dove da due ti conviene fare un bel pendolo. Ancora un traverso fisico sotto ad un tetto ed in fine l'utlimo diedro strapiombante, per fortuna ben chiodato, che ti porta in cengia, in questo da due ho munto tutto... e senza vergogna... non ne avevo proprio più!
Come alpinista riconosco che non aver fatto gli ultimi 300 metri dentro il canale ti dà solo una mezza vittoria, ma Enrico la parte alta l'aveva già fatta e proprio non potevamo bivaccare, il sabato dovevo essere a casa e quindi con una decina di doppie siamo tornati alla base.
E' veramente una via grandiosa, per la roccia, i passaggi, l'impegno che richiede, però bisogna dire che se si va allenati non è quasi mai pericolosa.
Non vorrei essere melenso ma permettetemi di dedicare questa salita a tutti voi!
Ciao, cristi
(Cristiano Pastorello)
foto d'obbligo nel famoso diedro svaso
---
Volo Felice su Fuorivia:
Dopo un passaggio anni '80 sulla Gogna e Tempi Moderni la passione per altri sport mi ha allontanato dalle montagne, ma siccome il primo amore non si scorda mai vent'anni dopo è tornata la voglia di arrampicare assieme ad un vecchio sogno: il Pesce. E allora sotto con gli allenamenti per togliere la ruggine e dopo qualche assaggio in giro per crode, un bel giorno di luglio eccoci lì a salire queste stupende placche di calcare.
Arrampicata e roccia fantastica ma la cosa più affascinante è quella di sentirsi dentro un pezzo di storia dell'alpinismo.
Difficoltà? Secondo me senza cliff 7b obbligato (due passi), ma togliendo anche quelli diversi passi sul 7a. Noi abbiamo trovato un chiodatura molto severa alla faccia di chi dice che ormai il pesce è superchiodato. Qualche clessidra, qualche chiodo vecchio; però si integra bene con friend e nuts. Soste buone comunque su chiodi e clessidre. Mi aspettavo di trovarla più addomesticata, ma secondo me rimane ancora una bella avventura!
(Volo Felice)
---
Fonti:
ALP Grandi Montagne #12
ALP Speciale Ritratti #IV
Fuorivia forum
Planetmountain forum
"Mah, credevo che quella fonte si riferisse più ai testi o alle altre foto. Dubito che una foto con quelle proporzioni stia nel formato di una guida.
In ogni caso grazie, nel dubbio inserisco."
A parte due forum e due alp, se Tu volessi fare una ricerca bibliografica completa sulla Marmolada, non Ti dovrebbero mancare le due guide di Maurizio Giordani, nelle quali ci sono pure altri interessanti contributi. Nella seconda edizione, edita da Versante Sud, non 'dubiteresti' trovando in penultima di copertina un pieghevole con la suddetta foto, che aperta arriva a circa cinquanta centimetri di lunghezza.
Scritto da: un amico | 03/01/2011 a 12:00 p.
E perché dovrei voler fare ricerca bibliografica completa? Semplicemente, senza alcuna pretesa, ho messo assieme un po' di cose che mi piacevano e volevo tenere da parte. Stop.
La guida di Giordani non ce l'ho, anche se è probabile che prima o poi la comperi.
Per quanto riguarda la segnalazione sulla foto: grazie e mi scuso del dubbio, la fonte l'ho già inserita.
Scritto da: climbing_pills | 03/01/2011 a 12:29 p.
E adesso, scusate... emigro per qualche tempo in luogo segreto. Che l'ultimo a cui è arrivata una mail da "un amico" l'han ritrovato in un fosso senza un rene... :)))
Scritto da: climbing_pills | 03/01/2011 a 12:46 p.
Si dice Der weg, è maschile non femminile.
Per il resto devo ancora leggere. ;-)
Scritto da: bummi | 03/01/2011 a 04:04 p.
corretto, grazie!
Scritto da: climbing_pills | 03/01/2011 a 04:25 p.
Bel lavoro Climbing pills.
Al di là delle problematiche relative alla citazione delle fonti, trovo interessante rifarsi ai forum e a tutto quel vissuto di esperienze dirette che arriva dal basso ... spesso sono ancora più stimolanti di quelle ufficiali.
Questo lavoro di recupero è meritorio.
Scritto da: Stefano Lovison | 03/03/2011 a 10:20 m.