Ricordate il simpatico film Goodbye Lenin, in cui una donna si risveglia da 8 mesi di coma capitato proprio a cavallo della caduta del muro di Berlino? In quegli 8 mesi di assenza il mondo è completamente cambiato, e non sarà così facile riadattarsi!
Questo breve pezzo di Salvatore Bragantini, comparso sulla rivista L'Appennino, mi ha scatenato immediatamente questa associazione.
Salvatore arrampica tutt'oggi e - a parte la sua idiosincrasia alla merenda del dopo scalata (ehehehe) - è perfettamente a suo agio con il "nuovo mondo".
Sembra uno di quei racconti di fantascienza che narrano di personaggi spostati da un'epoca all'altra. Bragantini, uscito dal mondo dell'alpinismo alla fine degli anni '60 si... "sveglia" nel 1983 in un ambiente trasformato. Ma la passione e i vecchi amici azzerano la storia.
(sulla via Maestri al Campanile Basso di Brenta)
Nell'estate del 1982 uno strano figuro si aggirava attorno ai camper di alcuni alpinisti in una località delle Alpi centrali. Tarchiato, con gli occhiali, osservava con furtiva attenzione quegli attrezzi, in parte a lui ignoti.
Quel figuro ero io: dopo dieci anni di totale inattività alpinistica e sulla soglia dei quarant'anni, sentivo un desiderio indistinto. Sembrava inizialmente che il desiderio spingesse verso la barca a vela, poi fu sempre più chiaro: volevo tornare ad arrampicare!
Presa la decisione, passai all'azione. Primo atto fu, logicamente, l'acquisto di uno splendido paio di scarponi rigidi, "Guida Major". Presi quindi contatto con due vecchi compagni: Piero Bellotti, un altro revenant con cui avrei poi fatto cordata fissa, e Paolo Cutolo. Era l'inizio dell'autunno e andammo al Morra. Con squisita delicatezza i due si diressero sulla Zapparoli: il primo tiro di corda mi fu risparmiato, ma alla sosta capii che dovevo andare avanti io. Mi alzai lentamente sul diedrino (quello di destra, il più facile...). Dopo un po' mi voltai e vidi questo serpentello di corda che mi scodinzolava sotto per alcuni metri. Era la prima volta dopo tanti anni e mi ricordo del vecchio trucco, basta respirare profondamente e guardare in su, preoccupandosi solo dei prossimi metri.
Fui riammesso come istruttore, forse per meriti storici, alla Scuola di Roccia; erano dieci anni che non parteciupavo ad un'uscita, sembrava un'eternità! Scoprii con sgomento che gli scarponi rigidi li portavo solo io. Come allievo istruttore mi fu assegnato da una sapiente regia un ragazzetto, con orecchino! Era Stefano Finocchi, stella nascente del "free climbing" romano, che si assoggettò con grande dignità al suo ruolo anche perché mi bastò vedere Stefano fare due metri per capire l'antifona e trarre le conseguenze. Eravamo ai Monti delle Fate e volli provare ad adeguarmi, arrampicando con un paio di scarpe da ginnastica, con suola di plastica. Nel bel mezzo di un passaggio che mi impegnava parecchio, fui sorpassato da un gruppo di giovani allievi-istruttori vocianti e spensierati. Sopportai con grande dignità.
Venne l'estate del 1983 e non avevo fatto grandi progressi. Ero in Civetta con Paolo Cutolo, che si era caritatevolmente prestato a venire con me prima dell'inizio della sua "vera" stagione. In Civetta trovammo Andrea Di Bari, altro altro nascente dell'arrampicata sportiva, altro "look" per me insolito. Sconfitti dalle nevicate ripiegammo sul più domestica Piz Ciavazes. Qui Cutolo pretese di fare la Schubert, via che non conoscevo ma che subito capii essere al di sopra delle mie possibilità.
All'attacco, vedendo Andrea salire con circospezione il diedrino giallo iniziale solo perché friabile, commisi l'errore di sottovalutarlo. Subito Andrea mi smentì, innestando il "turbo" su certe placche nere e compatte che dopo pochi minuti avrebbero messo a dura prova i miei scarponi rigidi.
Finito anche il turno del Cutolo, toccò a me andare da primo. Andea guardava i miei scarponi e scuoteva la testa incredulo: "Ma come fate?" (anche il Cutolo aveva gli scarponi). Guardai le grigie placche sovrastanti e presi la decisione storica: inforcai le Adidas di Andrea. Mi stavano larghe ma era meglio così: per gli infernali "Guida Major" fu la fine!
Salii timidamente per alcuni metri, niente chiodi all'orizzonte, ma qualcosa serviva... Già, i dadi, questa diavoleria moderna: aprii il moschettone e scelsi dopo qualche incertezza il dado giusto. Aveva l'aria di tenere e con un respiro profondo presi congedo dal rinvio: la corda sotto i piedi non l'ho più guardata.
Salvatore Bragantini
Un'intollerabile cumulo di menzogne. Bragantini è in realtà un adolescente mitomane che va in giro a dire di essere il nipote di Gogna.
Scritto da: Marco Lanzavecchia | 02/28/2011 a 11:45 m.
Marco è troppo buono. Io il Salva lo conosco da molto più di lui, e posso dire che ciò che potrei dire è meglio che non lo dico...
Scritto da: Gianni Battimelli | 02/28/2011 a 06:48 p.
Gianni,
dovrei sfidare te e Rel al giudizio di dio, ma non riesco a immaginare una prova arrampicatoria che possa vedermi uscire vincitore, a parte forse la discesa libera da qualche tiro al di fuori della mia portata. Mi limito a dire a te e al farneticante Rel:
non sum dignus. Amen. Meditate gente, meditate...
Nonno Salva
Scritto da: salvatore bragantini | 04/25/2011 a 02:06 p.