Un giorno, sotto alla fascia superiore di Sperlonga, mentre sto per partire sul Garage di Giorgio, Ignazio mi guarda e mi fa: "Oh, senti un po', Bibolacqua...". E dopo qualche secondo, essendosi già scordato cosa mi doveva dire, "Sì, ecco come ti chiamerò. Bibo, che in latino vuol dire bere. Del resto ti chiami Bevilacqua, giusto?".
Così è nato Bibo. Che a Roma si pronuncia Bibbo.
Bibbo, Gamberoni, e lo stesso Stefanino, e qualche altro giovane più o meno glorioso. Tutti lì ad uncinare le dolorose gocce di Sperlonga, tutti i santi week-end, e a volte anche in mezzo alla settimana. Ma le ragazze?
Non ci sono quasi ragazze. L'unica carina è Laleh. Le altre si affacciano e spariscono. Nessuna entra a far parte del giro.
Scuola uguale corsi. Corsi uguale pubblico variegato. Pubblico variegato uguale - lo dice la statistica - qualche ragazza!
"Eh sì! Scusa se è poco, bella! Sono appena un Allievo-Istruttore, è vero. Ma guarda che canotta, guarda i miei pantacollant e il sacchetto della magnesite. Salgo sui 6b pure bendato. So fare i lanci e non ho paura del volo. Chi nel C.A.I. potrebbe offrirti di più? E poi, non ti sembra meravigliosamente bello arrampicare? Con me potrai farlo a volontà. Anche tutta la vita. Ti porterò in Verdon e a Yosemite, a Ciampino e pure al Morra. Stai con me bella. Ci divertiremo".
Così partono le fantasie della sera prima.
E poi la lotta, la prima domenica del corso, per accaparrarsi le fanciulle più avvenenti.
Cristo Santo, ho quasi vent'anni, e ancora non sono stato con una ragazza!
Ma soltanto Stefano riuscirà, alla fine del corso, a scalare e poi mettersi insieme con la sua allieva preferita. Una biondina di nome Paola: intelligente e simpatica, oltre che carina... A me invece piaceva, fin dall'inizio, Isabella, diciassette anni. Ovviamente non le mandavo nessun segnale. Dissimulazione assoluta.
Ostentata monomania per le placche grigie e lisce.
E sempre pronto a cogliere uno sguardo volto altrove da parte di lei come la prova tangibile, senza appello, del fatto che non le piacevo. Anzi, forse si era accorta del mio interesse (cavolo, mi sono fatto scoprire!), e questo la annoiava e irritava.
Non riuscii a far altro che introdurla, per qualche tempo, in quel pessimo ambiente da caserma che era il giro degli sperlonghiani. Andrea, il sommo Andrea, capì tutto: i miei sentimenti e la relativa delusione. Non fece mancare lo sfottò, chiosando perfidamente l'esuberanza, appena celata da una fruit bianca, del seno di Isabella.
Alla fine le dedicò il nome di una via tra le più dure del momento: Isabella nel paese del peccato, 7b+.
La Scuola, come espediente per rimorchiare, non aveva funzionato. (Ricordo invece che un giorno, a Leano, arrampicai con un ragazzino che sembrava molto portato: Sebastiano Labozzetta. Al corso era iscritta anche sua sorella Silvia...).
Con Massimo decidemmo che era il caso di sfruttare la Scuola per fare ciò che una Scuola deve fare. Così progettammo, e realizzammo qualche tempo dopo, con l'appoggio incondizionato di Marco Geri e Gianni Battimelli, uno dei primi corsi di arrampicata sportiva in Italia.
Però il problema della mancanza cronica di ragazze persisteva.
Rimane storico un episodio, un sabato pomeriggio da Guido (il Mozzarellaro). Saranno state le sei o le sette. Eravamo alla ventesima partita di biliardino. Avevamo ridiscusso per la centesima volta di qualche passaggio di qualche via, e del relativo grado di difficoltà. Girava timidamente qualche canna ("Tanto Guido da mò che ha capito!"). Il juke-box mandava una canzone dei Tears for fears.
Vicino ai bagni c'era una putrella d'acciaio dove si svolgevano gare di trazioni e vari test di forza pura.
Le solite battute grevi, il solito clima da vitelloni. Aspettando le sette e mezza per andare in pizzeria a Gaeta.
A un certo punto entrano nel mozzarellaro due ragazze. Anzi no, sono tre. Attento, oh! Sono quattro, cinque, sei...
Corri a chiamare il Tantaillo che sta al cesso!
Una decina di ragazze. Tutte con la tuta da ginnastica dello stesso colore. Una squadra di pallavolo.
Avranno sedici-diciotto anni. Ormai sono entrate, hanno ordinato e si sono sedute, quando si accorgono della nostra buffa, insolita presenza. Noi siamo una dozzina, forse quindici. Brutti (?), spettinati, mani spellate e ancora sporche di bianco. Vestiti forse non proprio di "stracci", ma poco ci manca. Si saranno chieste: ma questi chi sono?
Inevitabile scatenarsi di risatine. Sguardi incrociati fra i tavoli. Giochi rapidissimi ed effimeri di seduzione.
La leggenda vuole che sulla tovaglia di carta, prima di andar via, avessero pure lasciato un messaggio d'amore. Per Jolly. O per Maurizio Tacchi. Chi potrà mai saperlo?
Si ma quella nella foto, con quello sguardo ammaliatore, chi è? Manco una didascalia... Mica te la puoi cavare così.
Scritto da: bummi | 02/22/2011 a 03:47 p.
eh. è frutto di una accurata spulciata su "gnoc on the bloc"... ;)
Scritto da: climbing_pills | 02/22/2011 a 04:02 p.