Perdonatemi le divagazioni (che però a volte sono la parte migliore). Cercherò di ritrovare il filo del racconto.
Eravamo rimasti a quel week-end in cui portai il Tozzo per la prima volta a Sperlonga. Fu così che conobbi Jolly (di cui già si diceva che era uno “forte”). E si consolidava nel frattempo l'amicizia con Ignazio.
Andare a Sperlonga voleva dire non solo spellarsi i polpastrelli sulle gocce affilatissime, ma anche farsi un'idea di chi in quel momento era al top.
Come ho detto, di vie sotto al 6a ce n'erano davvero poche, e quindi Sperlonga continuò a esser frequentata, almeno per tutto il 1985, da una sorta di élite di arrampicatori. Gli altri si affacciavano, si facevano quelle 5-6 vie abbordabili, e ritornavano, a volte, qualche mese dopo. Dal che capirete - fra l'altro - che in quegli anni, al contrario di oggi, se uno faceva il 6a (il 6a di Sperlonga!), era considerato "forte".
Andate a fare il "6a" di Pronto Raffaella, o del secondo tiro di Flippaut, e capirete che c'era una logica in quel ragionamento.
Così sapevi che i "forti" erano erano quei 10-15, e non di più.
Cominciavi a frequentarli, a parlarci, a chiedere informazioni su questa o quella via...
Ovviamente non esisteva Ferentillo, e ancor meno esisteva Grotti. Norma e Sezze erano due nomi e basta: liquidati, sulle guide dell’epoca, come pareti di scarso interesse.
Bassiano non esisteva. Supino non esisteva. Ripa maiala non esisteva.
Insomma, direte voi, ma che cosa esisteva?
Diamine, lo sto dicendo e ripetendo fino alla nausea: eravamo agli albori. Non esisteva quasi niente. Non esistevano i tabelloni, le palestre indoor, non esistevano le gare, non esisteva la FASI. Non esisteva nemmeno l'8a: se non come leggenda ("pare che in Francia ci siano due fratelli fortissimi, ancora più forti di Edlinger: si chiamano Marc e Antoine Le Menestrel... Sembra che hanno fatto l'8a...").
Sperlonga, Parete del Chiromante (da http://www.stadler-markus.de/files/sportklettern/sperlonga.htm)
A: il castello invisibile
B: avancorpo di sinistra
C: il mercantino delle pulci
D: parete del chiromante
E: avancorpo di destra
F: fascia superiore
G: mura di amacord
H: signora delle maniglie
I: l'isola che non c'è
L: il pilastro di ponente
M: spiagga sotto il pilastro di ponente
N: la grande muraglia
O: l'anfratto
P: il tempio
Sperlonga, Monte Moneta (da http://www.stadler-markus.de/files/sportklettern/sperlonga.htm)
A: il faro
B: avancorpo di sinistra
C: avancorpo sotto la grande cengia
D: paretone
E: avancorpo di destra
F: parete delle meraviglie
G: avancorpo del mistero
H: berger
Diciamo che per me esisteva il primo tiro di Flippaut, che mi aveva respinto a brutto muso. "Maledetta cazzo di placchetta appoggiata di 3 metri, vaffanculo, liscia! Porca puttana!"
Un giorno vedo, proprio sul primo tiro di Flippaut, il fratello di Paolo Caruso, Roberto. Un gran pezzo d'uomo (di ragazzo), certo non il mingherlino tipico di queste parti. Io sarò ancora un pivello - penso - però scalo meglio di questo qua (la modestia, in queste cose, non m'è mai mancata...). Roberto segue i consigli di qualcuno da sotto. Sale dritto un metro anziché traversare subito a sinistra, e prende un bel buco per tutta la mano, poi fa una grossa spaccata, riesce ad arrivare ad un'altra presa decente, infine fa ancora qualche movimento che non ricordo sbucando sul terrazzino. Insomma, morale della favola, passa senza fare resting.
Gran rosicata mia. Resto muto, imbronciato, riflessivo.
Ma al tempo stesso: apriti cielo! Si accende una lampadina.
Roberto - continuo a pensare - ha fatto una sequenza precisa, memorizzata, incredibilmente efficace. Sapeva esattamente dove mettere le mani, dove mettere i piedi. Non ha esitato, non ha perso tempo, non s'è stancato (il termine "acciaiato" ancora non esiste...).
Ha usato dei trucchi, glieli avranno suggeriti, però intanto è passato.
Il cervellino di Smilzo, mosso dall'invidia, è tutto un formicolare.
Allora si fa così.
Si va sulla via. Si provano bene i movimenti, magari facendo resting. Bisogna capire i trucchi (se ci sono). Bisogna inventare, studiare la roccia centimetro per centimetro, vedere su quale presa ci si tiene meglio...
Inutile aver fretta. L'importante non è arrivare presto in sosta. Ma capire: capire in che modo posso passare, così da riprovarci in un secondo momento e salire in "vera" libera: rotpunkt (questo termine esiste!)...
Aaaahhh, ora ho capito.
Decido nei giorni seguenti qual è il mio obiettivo. Ho fatto, più o meno, vari 6a e 6a+. E' ora di salire un 6b. Ma un 6b vero! meglio se magari è un 6b+, così non ci sono dubbi.
"Ignazio, tu che li conosci, i 6b e i 6b+, quale mi consigli?"
"L'hai fatta Serena? Non l'hai ancora fatta? MADDAI! (il famoso MADDAI del Tantaillo) Allora devi far quella".
La domenica dopo sono lì col Tozzo, sotto la via. Sono pronto a tutto, a spararmi resting su resting, ma devo farcela, e capire i movimenti. Mi hanno detto che la partenza sullo strapiombetto è dura. Tutto sta a portare i piedi su due appoggi, proprio sul bordo del tettino. E poi da lì, devi tenerti su delle cose piccole. In compenso la parte dura non è tanto lunga: dopo i primi 5 metri diventa più facile.
Mi sono portato in tasca delle pasticche di un prodotto nuovo: si chiama Enervit! Così avrò le energie per arrivare in sosta.
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